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martedì 16 ottobre 2012

Attenti a Don Matteo!

Iniziamo con una confessione. Una di quelle serie, che di solito vengono fatte a fine film, dal personaggio che sembrava buono e fedele alla causa del protagonista, e che poi invece si rivela essere un infamone, un traditore o, peggio, un milanista. 
Insomma io ho visto Don Matteo. Non per caso o tanto per far contenta mia nonna. Non due, tre volte nei momenti di noia. L'ho visto. L'ho seguito. L'ho desiderato (come si può desiderare una fiction, sia chiaro). Sono insomma ferratissimo sull'argomento, ecco perchè posso permettermi di scrivere questo interessante post. Che vuole essere uno stimolo al cambiamento per gli sceneggiatori del successo per piccolo schermo che vede protagonista l'immortale Terence Hill.

Gubbio si tinge di sangue.
E' l'anno domini 2000 quando Gubbio viene colpita da un male inestirpabile. Cioè Don Matteo. Fino a quando gli ascolti auditel continuano a risultare positivi infatti il piccolo paese umbro si vede costretto ad ospitare lo strano prete dall'accento americano, vestito di tonaca talare e giacca di pelle. Il sacerdote, parroco della chiesa di S.Giovanni, è dotato di spiccate abilità investigative, nonché di un'aura di santità che gli permette di emettere un fastidiosissimo jingle ogni volta che apre bocca. Il jingle lo aiuta a sensibilizzare le persone che indottrina al ritmo di una o due alla volta nell'arco di una puntata. Lo schema della fiction è sempre lo stesso: 
  1. viene commesso un efferato omicidio
  2. Don Matteo, per uno strano scherzo del destino, accorre sempre prima delle forze dell'ordine
  3. Accorrono i Carabinieri. Non esiste la Polizia a Gubbio, solo Carabinieri
  4. Nonostante le prove schiaccianti a disposizione dell'Arma, il pretonzolo scoverà sempre un colpevole alternativo (e molto improbabile).
  5. Il colpevole viene redento a suon di citazioni di santi vari ed eventuali.
Ovviamente è agli occhi di tutti la pochezza inventiva degli sceneggiatori, che se poi andate a controllare su Wikipedia sono tantissimi e cambiano ad ogni episodio. La colpa va data quindi all'ideatore primo, tale Enrico Oldoini. E' lui che ha pensato a questo carrozzone di sangue e violenza. Tra l'altro, in un periodo in cui la metà delle produzioni televisive italiane consiste in format stranieri, e l'altra metà è presa direttamente dalle tv estere, Don Matteo è 100% made in Italy (nonché esportato in Slovacchia e Francia!). Oldoini, genio del male, voleva chiamare il protagonista Don Teodoro. Fortunatamente Terence Hill si oppose a farsi chiamare come un imperatore romano, scegliendo un comune Matteo. 
Ma la cosa che più stupisce in tutti questi strafalcioni creativi non è l'improbabilità del sacerdote (a qualche prete piacciono i bambini, a qualcun'altro piaceranno i cadaveri, no?) e neanche l'incapacità dei Carabinieri. Invece la mole esorbitante di omicidi e violenze, se rapportata ai dati demografici di Gubbio, quella si che è una roba assurda. 33'000 abitanti, criminalità ai minimi storici, tranquillità, turismo.... ed omicidi. Seguendo la "curva Don Matteo" nella cittadina muoiono più o meno due persone a settimana per cause non naturali. Nell'arco di otto anni sono state uccise all'incirca 300 persone. Un dato impressionante, se pensiamo che a Roma nel 2011 sono stati segnalati 20 casi di violenze (tra cui omicidi, ma non esclusivamente!). 

Previsione di Gubbio nel 2017

Insomma Gubbio è tornata agli anni di piombo. E non ne uscirà facilmente. La nona stagione di Don Matteo è in fase di scrittura...

martedì 14 agosto 2012

Let's do it... Hoboken style!

Insomma l'altra sera mi stavo gustando una pizza con mia sorella, ed ovviamente avevamo la tv accesa. Quando mangiamo da soli io cado vittima delle sue imposizioni vessatorie, pertanto è regola ormai fissa che il telecomando sia prerogativa sua e sua soltanto. L'unica cosa che posso fare è chiederle di venirmi incontro e di scegliere qualcosa che possa essere visto da entrambi senza che uno dei due vomiti. Ieri sembrava non avesse ben afferrato il concetto, avendomi spiattellato le repliche di American Next Top Model, ma alla fine ha cambiato canale. Ed abbiamo beccato il mitico Buddy Valastro in "cucina con Buddy". Ora, tutti conoscono le sue epiche imprese, ma credo sia giusto condividerle anche per iscritto.

Innanzitutto diciamo chi è Buddy: cuoco pasticcere, di origini italiane, famoso per le sue torte epiche (e dotato nel settore di una innegabile abilità). Abilità che va radicalmente scemando quando si cimenta nella "cucina italiana". La cosa sicuramente più sgradevole, per quanto mi riguarda, non è neanche il modo disgustosamente americano di reinterpretare i nostri piatti tradizionali, quanto l'utilizzo eccessivo e ossessivo-compulsivo che fa Buddy di alcuni improbabili intercalari. Ma direi che posso lasciare spazio ad una approssimativa trascrizione della puntata di ieri, dove B. si è cimentato nella preparazione di panini italiani.

Le parole di Valastro saranno trascritte in corsivo, per poterle distinguere dai necessari commentarii del sottoscritto. Sei un furbastro Quadrazza, mi piace il tuo stile! Bud, non è ancora il momento di parlare. Io parlo quando mi pare, è così che si biascica ad Hoboken, baby! Non siamo ad Hoboken e non sono la tua baby. Effettivamente a me piacciono con più capelli e meno peli facciali, ma non ci facciamo questi problemi in Italia, baby! Si, va be, facci vedere sti panini e poi tornatene nel New Jersey.


Ok, baby eccoci pronti per preparare dei semplici panini al bacon, proprio come ne mangiano in Italia. Lì in Italia mangiano sempre panini al bacon, tonnellate baby! 
Bene allora prendete un po' di bacon, all'incirca mezzo maiale. Poi spiattellateci sopra zucchero di canna e pepe. Così, strozziamolo di zucchero!
Adesso inforniamolo per renderlo gustoso e croccante, un po come te baby!


Togliete il bacon solo quando è diventato cancerogeno, baby!

(afferra il bacon, grondante grassi saturi, a piene mani, in estasi) Oh si! Bello grasso, in pieno stile Hoboken. Ti darò una lezione, stupido bacon!
Adesso che il bacon ha raggiunto la giusta e malsana croccantezza prepariamo la salsa del panino.
C'è gente che usa la maionese per i panini, ma qui a Hoboken si mangia ITALIANO! Perciò mettiamo in una terrina dell'aceto, delle erbe aromatiche italiane (ma quali però?), e olio d'oliva. Si proprio d'oliva, baby. Adesso mischiate il tutto. E' buona anche da bere, fategliela vedere voi a questa salsa, scolatevene un po' domani!


Usate solo terrine italiane per le salse, Hoboken Style!

Adesso prendiamo delle fette di pane alte almeno 4 dita. In Italia il pane deve essere così alto che non si deve riuscire ad infilare in bocca. In Italia soffrono tutti di rottura del ponte mascellare. Ed anche qui ad Hoboken. E' per questo che abbiamo questo accento così sexy, baby! Bene, ora faremo una cosa un po' strana ma, ehi, sono Buddy io creo! Mettiamo il pane nel tostapane per renderlo più croccante. O yeah, non ve l'aspettavate. Usate un tostapane italiano, è meglio. Ora siamo pronti per il gran finale. Tagliamo del pomodoro in maniera tale che le rondelle siano disgustosamente grandi e spiaccichiamolo sul pane, insieme alla salsetta. Poi mettiamoci sopra il mezzo maiale sotto forma di bacon. Oh, Mamma, è così Hoboken! E per finire, una mia idea: tagliate dell'avocado e mettetelo nel panino, sapete perchè? Perchè l'avocado fa bene alla salute, e qui ad Hoboken stiamo tutti morendo da quando cucino io!
Ora chiudete a forza il panino e gustatevelo tutto. Magari con una bella zuppa di vongole del New Jersey, che ti piacciono tanto baby!


Spariamoci in gola questo meraviglioso panino! Hoboken Style, baby!

Ed insomma, eccoci alla fine della puntata, e del post. Francamente il mio amico Bud è un po' fuori dai canoni della cucina mediterranea, però è così simpatico che lo perdono. Certo che, se per fare un panino da merenda bisogna ridursi a passare il resto della vita in ospedale, non voglio neanche sapere che succede al pranzo di Natale.
Tanto perchè lo sappiate, Galliani mangia sempre Hoboken Style!

Buone Feriae Augusti a tutti, tranne gli animisti!

mercoledì 19 gennaio 2011

Lambrusco Sposini

Qualche giorno fa, dopo aver constatato l'incredibile successo di "minestrone, mio minestrone", ero entrato nel panico. "E adesso?" mi dicevo. "Cosa scriverò di nuovo ed esilarante?". Insomma la crisi dello scrittore dopo neanche 5 post. Ma poi ecco tornare la musa ispiratrice, che ci assiste sempre e solo nei momenti più inaspettati ed improvvisi (in bagno). "Perchè non parlare dei tanti personaggi folkloristici che hai incontrato in tutti questi anni?" mi ha chiesto la musa. Ed ora eccoci qui, ad inaugurare la nuova categoria del blog: "personaggi folk".
Come primo personaggio ho voluto spiazzare un po' tutta la mia cerchia di lettori/conoscenti. Perchè sono sicuro che la maggioranza di voi non vede l'ora di leggere delle gesta del mitico "Baffo", dell'epico "Ottavio" o dello sfuggente "Maresciallo". Oggi invece voglio parlarvi di uno strano individuo, conosciuto durante una vacanza con i miei amici (Lorenzo, Nik ed Ak) in località Monopoli (Puglia), appena dopo la maturità.
Bene, ho concluso la mia piccola introduzione, passiamo senza ulteriori indugi all'articolo vero e proprio:




Il viaggio a Monopoli ha rappresentato per me e per i miei tre amici sopracitati una svolta epocale. Si trattava della prima vacanza completamente soli, completamente maggiorenni e completamente diplomati. Il futuro si dipingeva in lontananza roseo e felice, le preoccupazioni scolastiche (e non) erano scomparse con gli orali della maturità ed il mare in Puglia non poteva essere più bello. Ci aspettava dunque una settimana di completo divertimento, alloggiati in due piccoli ma funzionali bungalow di un villaggio con piscina, accesso privato al mare e tutte le attrezzature necessarie.
Ma non sarebbe stata certo una vacanza memorabile se non avessimo conosciuto Lui.
Lo incontrammo al primo pasto della giornata. Pranzo, cena e colazione venivano infatti serviti con abbondante buffet nella sala ristorante, ed ogni bungalow aveva assegnato una tavolata. Le tavolate erano da otto, per cui nella maggior parte dei casi si finiva per stringere amicizia con gli altri commensali. Noi quattro abbiamo avuto l'onore di stringere un rapporto di cordiale amicizia con una coppia di sposini campani e con una ben rodata coppia di sposi torinesi.
La coppia campana rischiò per colpa nostra il divorzio, poichè riuscimmo subito a distrarre il giovane marito dai suoi dovere coniugali, proponendogli di fare il "quinto" per la nostra squadra di calcetto, partecipante al torneo del villaggio.
Ma il personaggio folk di oggi non era della giovane coppia di coniugi, bensì di quella piemontese. Mi sono scordato il suo vero nome (ed anche se fosse, per ovvi motivi di privacy, non potrei mai rivelarlo) ma sin dal primo minuto gli affibbiammo il nomignolo di "Lambrusco Sposini"; a causa della sua somiglianza con il famoso giornalista ed anche per la sua passione per il vino rosso.
Ogni tavolo aveva infatti (oltre all'acqua a volontà) due bottiglie di vino, uno bianco ed uno rosso. Il bianco non ricordo neanche cosa fosse, il rosso di solito era un primitivaccio aggressivo, che ben si sposava con gli abituali 40 gradi di temperatura esterna. Quella settimana faceva infatti un caldo infernale, tale che la mattina la rifrazione dell'asfalto accecava anche i più coraggiosi. Ancora ricordo una partita a tennis, intorno alle 11.30, durante la quale fui costretto allo stop quando le scarpe si incollarono completamente al cemento del campo. Ma sto divagando.
Tornando a Lambrusco il pasto si svolgeva di solito in piena armonia, tra una chiacchiera ed una bevuta di vino. Il primitivo infatti non riuscivamo neanche a toccarlo, a causa della sua incredibile sete alcolica. Il bianco di solito non finiva mai del tutto, anche se ogni tanto vi attingeva copiosamente (sebbene io abbia il sospetto che lo scambiasse per acqua). Di tutti i pasti quello che più mi stupiva era il pranzo, dove Lambrusco riusciva (oltre che a bere come una cisterna) a mangiare quantitativi immensi di cibo, bissando poi a sera. Solitamente, dopo aver mangiato due bis di primo e di secondo, si alzava ramingo per andare a prendere un piattone di cetrioloni e frutta (che si sa "sgrassano"). Dopo aver ingurgitato la sua razione di frutta e verdura si mesceva un altro quarto di vino, si guardava intorno, per poi esclamare "vado a prendermi un po' di cozze", con il suo solito accento piemontese. E giù con l'impepata.
Una tempra incredibile ed una fibra di altri tempi, che però erano nulla se paragonati ai profondi discorsi affrontati durante le interminabili cene.

-oggi gran bella partita di tennis- iniziava il buon Nik
-è si- facevo io
-certo che tu Lò sei proprio bravo- continuava Ak rivolto a Lorenzo
-Be sai, continuo ad allenarmi a frosinone con il maestro- rispondeva Lorenzo
-Oeeeeee- si sente dai bassifondi del tavolo. Alchè tutti si girano verso Lambrusco, che è lì che rantola per dire qualcosa- Oeeeeebè, noi a Torino- momento di silenzio- abbiamo dei campi da Tennisscc...- gesto rotatorio con la mano, a significare "certi campi che voi del sud ma quando li vedete".
-Dai su "Lambrusco" prendi un po' di patate, che fanno bene!- interveniva solitamente la moglie
- E Anna! E basta co ste patate! Ma quale "fanno bene" che stai sempre li a prender patate, mi farai scoppiare!- rispondeva il salutista piemontese, che poi subitaneamente si alzava annunciando- Vado a prendere un po' di cozze.-

Una volta, affascinato dalla grandezza del personaggio, decisi di sedermi accanto a lui, per potermi beare della sua saggezza. Dopo minuti di silenzio e di grandi masticate, si girò verso di me, per intervenire nel discorso che avevamo intavolato. Appena aprì bocca mi assalì una fiatella incredibile, evidente reazione chimica al vino da tavola, per cui svenni sul posto, perdendo l'occasione di conoscere l'uomo che si celava dietro al mito.
Un mito che continua ancora oggi e che ho voluto condividere con tutti voi. Grazie Lambrusco.
Prosit!