-Avete visto il mio vero amore?- chiese il Giovane.
-Verso Sud- rispose alzando la vecchia ed ossuta mano il Viandante.
Era Primavera quando il Giovane iniziò a cercare il suo vero amore. Egli l’aveva vista passeggiare leggiadra e sospesa sui verdi prati e attraverso le dolci foreste che ora anche lui ripercorreva, nel tentativo di trovarla. Veloce e noncurante passò interi campi di delicate primule, distese di orgogliose ortensie ed innumerevoli orchidee, che sembravano essere sbocciate come per magia al passaggio della favolosa creatura che il ragazzo andava inseguendo. Violette e ciclamini, myosotis e magnolie, papaveri, nasturzi, margherite e lavanda, lillà e mughetto. La natura era in festa ed esplodeva di quella forza vitale di cui solo un fiore può essere testimone vero e fedele. Ma il Giovane era insensibile a cotanta bellezza, perché ne inseguiva una a dir poco maggiore, egli correva verso la felicità eterna, verso l’immortale speranza.
-Avete visto il mio vero amore?- chiese il Giovane.
-Verso Est- disse l’augusto Viandante, con un cenno dello stanco capo.
Era Estate ed il Giovane continuava la sua folle corsa, calpestando innumerevoli miglia, notte e giorno, sempre seguendo le flebili tracce del suo vero amore, sentendo l’appena percettibile scia di profumo. Profumo di pino e melograno, di melissa e di glicine, di lauro e di larice, di mirtillo, salvia e sambuco. Era il di lei odore o forse oramai egli non riusciva più a distinguere la differenza di tutte quelle piante e frutti e fiori dall’ essenza che andava disperatamente incalzando? Ma il tempo non permette soste ne remore di sorta, bisognava continuare e non disperare. Troppo evidenti i segni del suo passaggio, troppo chiari i suoi richiami. Il bosco era un turbinio di colori, gli alberi ondeggiavano allegri e festosi, piegati dal vento di levante, ed ogni cosa era concerto e festa.
-Avete visto il mio vero amore?- chiese il Giovane.
-Verso Nord- sospirò il Viandante, stiracchiando le decrepite membra.
Era Autunno ed il sonno prese il Giovane. La luce iniziava a scendere durante le lunghe e noiose giornate, e la foresta si preparava a riposare. D’oro e d’argento diventavano i forti pioppi e le nodose querce. Un morbido tappeto allietava gli stanchi piedi del Giovane, che sovente trovava ristoro sotto le fronde degli antichi platani e dei maestosi tigli. Il canto degli uccelli continuava ad accompagnare la sua corsa infinita, ma adesso al suo passaggio non vedeva altro che le foglie cadere, i fiori morire e gli animali scappare. Eppure il riposo non era neanche contemplato, la ricerca non era finita poiché se si sforzava egli ancora percepiva la presenza del suo vero amore. L’aveva trovata nell’odore di legna muschiata, nella bellezza del giallo e del verde del bosco, nelle gocce di rugiada e pioggia sopra i fiori appassiti.
-Avete visto il mio vero amore?- chiese il Giovane.
-Verso Ovest- mormorò il Viandante, immobile.
Era Inverno, tutto era bianco, anche il Giovane, disperato e sfinito. Nivea bianchezza cadeva dal cielo plumbeo e senza vita della foresta. Tutt’intorno era solo silenzio, insopportabile come un urlo continuo e petulante, che permeava ogni cosa uccidendola. Muti gli uccelli, muti gli alberi un tempo forti e gagliardi ed ora spogli e nudi come cadaveri. Il Giovane aveva perso la strada, aveva perso le tracce di lei, l’aveva abbandonata. Distrutto e sfinito si ritrovò a camminare, incerto e malconcio verso una polla d’acqua, oramai ghiacciata. Egli si vide riflesso e si spaventò della sua stessa immagine, tanto si era fatto vecchio e decrepito. La sua ricerca era giunta al termine, quando un ombra gli si avvicinò, veloce come lo era lui un tempo, per poi chiedergli:
-Avete visto il mio vero amore?-
Passò qualche minuto prima che rispondesse. Egli pensò alla sua ricerca, alle sue fatiche, alle sue speranze. Poi notò la bellezza dei fiocchi di neve, la perfezione dei gambi ghiacciati della rosa canina, il candore e la purezza dei prati, la tristezza pacata e meravigliosa dei salici in lacrime. Fu allora che la rivide ed alzò la mano:
-Verso Sud- rispose.
Lorenzo Quadrini